NO all’autonomia differenziata!
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PERCHÉ DICIAMO NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Cos’è l’Autonomia differenziata?
È un percorso, ancora parzialmente attuato, previsto dal Titolo V della Costituzione, innovato dalla riforma del 2001, che assegna alle Regioni la responsabilità su materie precedentemente assegnate allo Stato. In particolare, a seguito delle intese stipulate dal governo Gentiloni nel 2018 con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto erano già state declinate le richieste autonomistiche su molte materie, tra cui scuola, ambiente, vie di comunicazione…
Ci sono anche rischi per il diritto all’istruzione?
Sì, con l’istruzione regionale sarebbe negato l’esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime fra quello nazionale e quello regionale.
Il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell’infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le Regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse.
Cosa sta facendo il governo Meloni?
Il Ministro Calderoli e altri autorevoli esponenti dell’esecutivo hanno già rilanciato l’attuazione dell’Autonomia Differenziata e con la Legge di bilancio 2023 (art. 1 c. 791-798) hanno messo nero su bianco la volontà del governo di realizzare i progetti regionalistici.
Cosa potrebbe accadere se si realizzasse questo percorso?
Oltre Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, molte altre Regioni hanno avanzato richieste autonomistiche sulla scuola, pertanto, tra le bozze regionali, leggiamo che:
si vuole costruire un organico regionale del personale scolastico
si vogliono bandire concorsi regionali
si vuole regionalizzare da subito la Dirigenza scolastica
si vogliono costruire contratti regionali
si vogliono differenziare gli stipendi sulla base delle risorse economiche regionali
si vuole intervenire sulla mobilità, non più su base nazionale con evidenti blocchi degli spostamenti tra regioni.
La FLC CGIL si impegna da anni per aprire un vero dibattito pubblico nel Paese e per promuovere azioni di sensibilizzazione sui rischi di questo eversivo progetto di differenziazione dei diritti, mobilitandosi - insieme a UIL Scuola RUA, Gilda UNAMS e Coordinamento per la Democrazia Costituzionale - anche mediante la raccolta firme per la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare.
o rivolgiti alle sedi della FLC CGIL
Dal 9 novembre 2022 la sottoscrizione ha sei mesi di tempo per raccogliere le 50.000 firme necessarie a portare la legge di iniziativa popolare in Parlamento perché venga discussa.
La proposta è finalizzata a:
eliminare le intese pattizie che introducono l'autonomia differenziata attraverso la trattativa tra governo e singola regione, riducendo il parlamento a un ruolo di ratifica e introdurre eventuali referendum;
riportare la formazione professionale dalla competenza regionale alla competenza concorrente Stato-Regioni e spostare l’istruzione (e altre materie strategiche) dalla potestà concorrente a quella esclusiva dello Stato;
modificare i livelli “essenziali" in livelli "uniformi" delle prestazioni;
introdurre la supremazia della legge statale, costruita sull’unità della Repubblica.